“Ti insegnerò a volare e tu mi insegnerai a restare”.
(Preghiera indiana)
Il diffondersi dell’emigrazione giovanile all’estero fa sì che spesso le coppie si trovino a nascere sotto lo stesso cielo, ma a vivere a migliaia di chilometri di distanza, oppure che si incontrino in un luogo del pianeta ma abbiano radici altrove, in altri paesi con usi e costumi diversi.
Comunque si compongano queste relazioni a distanza lasciano un senso di malinconia, di assenza, di vuoto e sembrano non poter mettere radici in nessun terreno.
Spesso l’inquietudine, come male dell’anima più che come necessità di lavoro, spinge a intraprendere l’avventura del trasferimento all’estero, e le personalità di chi sceglie l’altrove sono tendenzialmente in conflitto tra libertà e “voglia di casa”, e questo ovviamente rende più difficile l’evoluzione di ogni relazione.
Però il viaggio e il conseguente trasferirsi all’estero è anche segno di evoluzione, di scoperta, è un impulso che abita l’uomo dalla notte dei tempi, da quando Ulisse lasciò Penelope, ma peregrinò anni con la ferma volontà di ritornare da lei.
Come fare allora per coniugare il “restare” con “l’andare”?
La paura di essere abbandonati, e di dover soffrire per questo, fa sì che ci si aggrappi all’altro con il terrore che l’amore ci sfugga e che il rapporto non regga alla lontananza. Se lui o lei non risponde al cellulare ci si sente perduti.
“Ecco è di nuovo sparito, è tutto finito!”
Ovviamente questo amore, che potremmo definire “liquido”, ha forti componenti di incertezza e la perdita e l’abbandono sono in agguato.
D’altra parte il viaggio che è stato intrapreso è stato dettato da una inquietudine dell’anima che spinge ad andare “oltre”, ma anche a scoprire che la perdita dell’amato è una delle tante prove della vita con cui dobbiamo fare i conti.
Per amare e vivere pienamente occorre imparare a rimanere nella tensione tra l’aggrapparsi ansiosamente e il deporre l’aspettativa, e quale migliore palestra per sperimentare questo trade-off, che essere coinvolti in un amore a distanza?
Nel gestire una relazione a distanza si sperimenta proprio quella inevitabile accettazione del vuoto, che non si sperimenta nel rapporto stanziale, in cui l’altro è sempre presente e si può evitare l’assenza.
Ma proprio perché si è sempre vicini si rischia la perdita di individualità , che è poi la premessa della fine di ogni rapporto evolutivo e, a volte, della separazione definitiva.
“Non è venuto il tempo, che amando, noi si giunga a liberarci dall’adorato oggetto, in un fremente impeto di vittoria, come la freccia che raccolta e tesa entro il suo scocco, supera la corda? Inerzia, è nulla”. (Rainer Maria Rilke)
D’altra parte il sentiero che Jung chiama “processo di individuazione” non è altro che l’accettazione della “nostra interezza” e della nostra precarietà .
Imparare come gestire la relazione a distanza permette di imparare ad attendere e ad ascoltare quel che giunge dal silenzio, invece di aspettarci risposte assolute e falsamente rassicuranti.
Il processo di individuazione, per mezzo del quale si diventa persona aperta all’interezza dell’essere, esige la resa dei desideri che limitano l’esistenza, e parte di questa resa è la rinuncia alla fuga dalla sofferenza.
Accettando la sofferenza insita nel senso di abbandono, che spesso avviene in un rapporto dove l’altro è a centinaia di chilometri di distanza, e accettando anche la precarietà che inevitabilmente viviamo in un rapporto dove l’altro non è controllabile, forse possiamo costruire un rapporto più adulto, più maturo e responsabile.
Se è vero che nelle relazioni a distanza è necessario imparare a lasciar andare l’altro, contemporaneamente bisogna però imparare a “restare”, mantenendo sempre vivo il rapporto e il dialogo.
Mi piace prendere ad esempio dell’amore liquido il fiore di loto, che pur avendo radici si muove accogliendo il vento e facendosi trasportare sull’acqua.
Per imparare a restare occorre non soccombere alle tempeste dell’ultima sera. Accade spesso, che proprio per evitare la sofferenza del distacco, l’ultima sera si litighi esasperando tutte le differenze, che inevitabilmente esistono, anzi che devono esistere. Nel rinfacciarsi tutte le differenze tra lacrime e silenzi si decide che è meglio lasciarsi.
“Non possiamo andare avanti così, siamo troppo diversi”.
Forse non ci si lascerà , non almeno quella volta lì, ma il rapporto rimarrà incrinato e ricucirlo sarà impresa faticosa.
In questo tentativo di riavvicinamento la tecnologia ora gioca un ruolo importante, infatti il contatto con Skype ci consente di cortocircuitare le distanze, portando con sé anche l’oggettivo vantaggio di non farci condividere la, a volte, piatta e banale quotidianità .
Occorre comunque aver la consapevolezza che questa è solo una fase della propria vita.
Ogni esperienza e ogni avventura hanno un termine, anche gli eroi alla fine tornano a casa… Ulisse dopo lungo peregrinare si ricongiunge alla moglie Penelope.
Come far funzionare un rapporto a distanza, consigli…
Elaborare un progetto di coppia e darsi soprattutto delle scadenze temporali, entro le quali far terminare la lontananza fisica, sono il segreto per mantenere vivo il rapporto e lasciare che si strutturino radici in una realtà virtuale, che rendono la lontananza e la solitudine più accettabili e rassicuranti.
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