Se faccio così avrò degli svantaggi e anche dei vantaggi, se faccio nell’altro modo avrò dei vantaggi e comunque anche degli svantaggi. Ma cosa devo fare?
Se accetto quel lavoro, avrò degli avanzamenti di carriera, ma sarò sempre impegnato e non potrò dedicarmi alla famiglia. Se non accetto, però, questa è una opportunità che non mi si presenterà mai più.
Se vado in Giappone imparerò il giapponese ma sarà solo lavoro e niente vita privata ma se torno in Australia forse non troverò più il lavoro che fa per me. E’ proprio l’expat che spesso si perde in questo labirinto. Ma perché proprio lui? A lui che ha già scelto con determinazione? A casa era in grado di scegliere, perché ora no?
Intanto, c’è da dire dire che la scelta sembra porsi tra due alternative, ma a ben vedere le opzioni in gioco sono sempre tre; in ogni caso è sempre possibile non scegliere. Si narra che quando un nomade arabo esitava a prendere una decisione, sceglieva tre frecce: su una scriveva: “Il mio signore mi ordina” e sull’altra “Il mio signore mi vieta”. La terza non aveva alcuna scritta. Egli riponeva le frecce nella faretra, poi ne prendeva una a caso e seguiva i suoi consigli.
Se gli capitava la freccia su cui non c’era scritto niente, procrastinava.
Il non scegliere in realtà non è una alternativa ma permette di indugiare in un tempo sospeso dove è possibile procrastinare la scelta all’infinito.
E’ forse in questo spazio di attesa che si situa l’expat che ora non sa più scegliere? Aspetta e riempe questo tempo di frasi del tipo: “Appena sono in Giappone.” se è in Australia, “Appena sono in Australia” se è in Giappone.
Ma, procrastinare la scelta provoca una sorta di paralisi che è l’esatto contrario di ciò che si era cercato andando a vivere lontani da casa. Ed ecco che allora la scelta diventa un momento di dolore e di perdita di sé. Non si sa più chi si è e dove si sta andando.
L’oscillazione tra A e B si fa sempre più forte e le giornate sempre più piene di angoscia.
Ed è a questo punto che subentra la paralisi; le giornate scorrono tutte uguali e pare non esserci nessuna possibilità: il mondo si fa grigio.
Scegliere a questo punto diventa indispensabile ma A o B questo è il problema; amletico direi…
La causalità però non è una legge assoluta, bensì solo una tendenza o preferenza probabilistica. La causalità non tocca il cuore delle leggi naturali, è solo un modo di pensare che soddisfa la nostra comprensione mentale di una serie di eventi.
Il pensiero sincronico in Cina è il modo classico di pensare; ed è un pensare per campi più vicino alle leggi naturali. La domanda nel paese del Sol levante non è perché sia accaduto qualcosa o quale fattore abbia causato un certo effetto, ma quali eventi amano accadere insieme in modo significativo e nello stesso momento.
Fino al XIX secolo nelle scienze si pensava che solo cause fisiche potessero avere effetti fisici e che le cause psichiche fossero la causa di effetti psicologici. In seguito si ci è chiesti se esistessero interazioni tra queste due linee. Esiste qualcosa come una causa psichica di eventi fisici, e viceversa?
Il pensiero sincronico è un’articolazione del pensiero primitivo dove non vi è alcuna distinzione tra i fatti psicologici e quelli fisici.
Un po’ di anni fa mi trovavo tra i Dogon a Sanga un indovino mi disse che nel suo paese le persone afflitte o indecise sul da farsi interrogavano Ambakene Teme l’indovino della volpe.
“E chi non ha dei dubbi?” Gli risposi. “ Dai, interroghiamo la volpe.”
Quella sera nella luce rossa del tramonto io e un certo numero di persone ci recammo alla divinazione sulla strada di Sinkarma. L’indovino davanti a noi camminava rapido. Ma ad un tratto, come se avesse individuato qualcosa, si fermò di colpo. Recitò una cantilena e iniziò a disegnare uno spazio diviso in campi uguali, come il nostro gioco della campana. Finito il disegno Ambakene pose in ogni rettangolo: una conchiglia, un bastoncino e alcune pietre.
Mentre Ambakene versava sulla griglia un liquido biancastro, miglio e miele selvatico, questa illuminata dalla luce rosa albicocca del tramonto appariva simile ad un quadro di Mondrian.
Al giungere del buio ci allontanammo. La volpe sarebbe arrivata nella notte, avrebbe lasciato delle tracce con le zampe e domattina l’indovino le avrebbe interpretate. All’alba Ambakene illuminò la sabbia con la poca luce di una torcia che aveva le pile quasi esaurite e lesse su quella che era diventata una pagina di sabbia le impronte della volpe.
Studiò a lungo ma la risposta fù secca: “ No.”
In quell’alba irreale accolsi quella risposta dando ad essa un significato metaforico, quel “No.” non era dettato dalla ragione ma sono sicura che quella risposta diede movimento ad una mia situazione di malessere e di immobilità.
Del resto una visione razionale del mondo è una visione parziale ed è piena della presunzione umana di conoscere tutto ciò che c’è da conoscere
E’ dal disordine, dall’epifania, dall’incastro casuale e al contrario da decisioni di laboratorio o previsioni di un algoritmo che nasce la possibilità di meravigliarsi positivamente della scelta che abbiamo compiuto.
Un consiglio di lettura della Dott. Daniela Brambilla, legato ad ogni articolo uno spunto per approffondire l’argomento trattato.