La spiaggia si era spopolata, il mare srotolava pietroline sulla battigia e gli ombrelloni proiettavano un’ombra lunga sulla sabbia ancora calda. Da un juke box arrivava la voce ambigua di David Bowie.
Un ragazzo arruffato con un paio di occhialini rotondi leggeva appoggiato ad uno scoglio, vicino a lui una ragazza che per contrasto appariva liscia e in ordine; lisci i capelli neri e lunghi, liscia la fronte, seppur tesa nella lettura.
Ad un tratto Il giovane chiuse il libro di botto e si rivolse alla ragazza: “Ma tu ci credi ai marziani?” le chiese.
“Un po’.” disse lei muovendo l’aria con la mano nel tentativo di azzittirlo.. ”Lasciami leggere, sto arrivando alla fine .”
Lui le lanciò una manciata di sassolini e bofonchiò: “Guarda che il libro è il mio…”
This is Ground Control to Major Tom
You’ve really made the grade
And the papers want to know whose shirts you wear
Now it’s time to leave the capsule if you dare
“Finisce che non tornerà più sulla terra…” disse il ragazzo alzandosi di scatto: “ Dobbiamo andare.”
“Ma sei stronzo…mi hai detto come finisce.” Disse la giovane mettendosi in ginocchio ma continuando a tenere in mano il libro poggiato sui suoi palmi come per l’offerta ad un dio.
Il ragazzo con gli occhi crudeli chiusi a fessura le sibilò: “Si, lui resterà nello spazio.”
Lei imbronciata si alzò di scatto, sventolò l’asciugamano sollevando polvere e ira e lo ficcò nella borsa.
“Guarda.” Disse lui prendendo il libro: “Non ti ho detto come finisce. La fine sta già scritta nella quarta di copertina. Leggi qua…c’è anche il commento di un…di un…dammi il libro che te lo dico…”
Con un gesto rapido afferro il libro e si mise a leggere:.“Uno psicoanalista…Carl Gustav Jung”
Lei imbronciata allargò le braccia e rispose: “ Non so chi sia.”
“Carl Gustav Jung.” Disse lui esibendo finta supponenza e arroganza.
Qualcuno doveva aver rimesso lo stesso disco e David Bowie cantava il viso imbronciato di lei si ammorbidì nel rosa del tramonto e sorrise.
“Va beh, va beh. Finiamola qui..” Aggiunse.
“This is Major Tom to Ground Control
I’m stepping through the door
And I’m floating in a most peculiar way
And the stars look very different today
“Ho una cosa da dirti…” sospirò lei dopo qualche secondo di silenzio.
“Cosa?” Fece lui
“Era qualcosa su…No, niente. mi sembrava importante, ma l’ho scordata.”
Il ragazzo scosse la testa. Era abituato alla distrazione di questa ragazza che viveva con la testa dentro alle storie che leggeva.
Più tardi quando l’accompagnò alla stazione lui andò a comperarle il biglietto. Lei ingannò il tempo sbirciando dentro ad un giornalaio. In un angolo c’erano riviste pornografiche, un po’ più in là Due più, Bolero e Grand Hotel. Vicino al muro alcuni libri. Il giornalaio aveva denti sporgenti e occhi rotondi; sembrava un castoro.
Lei si avvicinò ai libri.
Ne prese uno a caso.
Si intitolava Fenomeni paranormali.
Alla ragazza piaceva quella copertina essenziale; tutta nera, con un cerchio nel mezzo.
Prese il libro e lo porse al giornalaio. Mentre aprì la borsa pensò tra sé e sé che non aveva mai visto un individuo con denti così sporgenti.
Quando lui ritornò dalla biglietteria l’abbracciò. Lei annusò il suo odore aspro e forte.
Sarebbero stati un bel po’ senza vedersi.
Lui le prese il libro dalle mani.“Fenomeni paranormali di Carl Gustav Jung.” lesse.
“Ah si?” Disse lei.
“Sapevi che era lui…quello del libro…lo psi…lo…?” Fece lui.
“ Si, certo ”rispose lei rovistando in borsa.
“Davvero?” Replicò lui.
“Certo” rispose chiedendosi dove mai avesse ficcato il biglietto appena ricevuto.
Lui canticchiò il ritornello della canzone appena ascoltata.
Can you hear me, Major Tom?
Can you hear me, Major Tom?
Can you hear me, Major Tom?
“ Torre di controllo…Comandante Tom risponda” insistette lui agitandole una mano davanti al viso.
Lei gli rispose canticchiando a sua volta: “Here am I floating ‘round my tin can
Far above the moon
Planet Earth is blue
And there’s nothing I can do”
Quell’evento, alla ragazza, fu chiaro molti anni dopo e solo perché aveva buona memoria ed era andata frugando per tutta la vita, per via del suo lavoro di psicoanalista, in ogni episodio della sua esistenza.
Quel pomeriggio d’estate un impalpabile evento sincronico aveva acceso la luce sul suo destino. Ma non crediate che la ragazza sia stata abile a coglierlo. Ah no, ci sono voluti ancora anni ed anni prima che seguisse quella che era a tutti gli effetti la sua vocazione.
Ma cos’è la vocazione?
Le teorie sulla vita sono tante ma l’esistenza spesso ci sfugge di mano perché essa è di più, molto di più di quanto la nostra ragione possa comprendere. Per esempio: avete mai avuto la sensazione che ad un tratto qualcosa vi chiamasse a percorrere una certa strada?
Certo che l’avete avuta.
In un momento preciso dell’infanzia o anche dopo in adolescenza è avvenuto qualcosa che poteva essere: un bisogno pressante e improvviso, una fascinazione, un curioso insieme di circostanze o un evento sincronico simile a quello che vi ho raccontato.
Il giorno in cui questo evento è avvenuto siete stati colpiti con la forza di un’annunciazione? Avete detto: “Ecco quello che devo fare, ecco quello che devo avere? Ecco chi sono?”.
Ma a volte, come accade alla ragazza della storia la chiamata avrebbe anche potuto essere meno netta, più simile a piccole spinte verso un determinato approdo, mentre vi lasciavate galleggiare nella corrente pensando ad altro.
Però sia che abbiate avuto la chiamata, oppure sensazioni fragili è raro che vi abbiate dato ascolto, perché subito vi siete detti che è roba da bambini.
“Chi mi credo di essere?” Un eroe ? Una eroina? Ma io non ho nessun talento.” Ma io non sono capace a far nulla.” E la chiamata va perduta nelle incombenze pratiche della vita di tutti i giorni. “Non possiamo mica perderci nei segnali premonitori o nei sogni.” ci siamo detti e abbiamo proseguito con lucidità e razionalità.
Eh no, quella chiamata avremmo dovuto ascoltarla.
Essa è ciò che conta davvero.
E’ la vocazione la spinta motivazionale più forte per ogni essere umano. La chiamata non significa essere destinati a salvare il mondo o a fare qualcosa di eccezionale, ma è solo la nostra vocazione ciò che può permetterci di fare delle scelte libere sulla base di una sensazione che è possibile sviluppare.
Scrive Hillman:
Perché è questo che in tante vite è andato smarrito e va recuperato: il senso della propria vocazione, ovvero che c’è una ragione per cui si è vivi. Non la ragione per cui vivere; non il significato della vita in generale, o la filosofia di un credo religioso: questo libro non ha la pretesa di fornire risposte del genere. Esso vuole rivolgersi piuttosto alla sensazione che esiste un motivo per cui la mia persona, che è unica e irripetibile, è al mondo, e che esistono cose alle quali mi devo dedicare al di là del quotidiano e che al quotidiano conferiscono la sua ragion d’essere; la sensazione che il mondo, in qualche modo, vuole che io esista, la sensazione che ciascuno è responsabile di fronte a un’immagine.
Hillman, James. Il codice dell’anima
Allora voi vi direte: “Si, ma, allora questa vocazione bisogna avere orecchio per sentirla?e io non sono portato; bisogna capire tra le righe, vedere ciò che non si vede, tutto troppo difficile per me.”
Come psicoanalista vi posso dire che è difficile ma che si può fare. La nostra vocazione lascia tracce leggere come quelle di un passerotto ma lavorando sui sogni, le sensazioni, le angosce, le paure e, anche tra le vigliaccate ad un certo punto la vocazione arriva come in un sogno da svegli.
“Io sono venuto ma voi non mi avete visto.” Disse Gesù quindi meglio stare attenti a tutto ciò che si manifesta perché potremmo non vedere ciò che potrebbe causare la trasformazione.
Vi assicuro che in questo caos in cui viviamo si diffondono in tutte le direzioni tracce di significato, reti di una logica strana; se si crede in Dio, queste sono le impronte indirette del suo dito altrimenti sono il senso del vivere.
Se la vita ha una base su cui poggia … allora la mia senza dubbio poggia su questo ricordo. Quello di giacere mezzo addormentata, mezzo sveglia, sul letto nella stanza dei bambini a St. Ives. Di udire le onde frangersi, uno, due, uno, due … dietro la tenda gialla. Di udire la tenda strascicare la sua piccola nappa a forma di ghianda sul pavimento quando il vento la muove. E di stare sdraiata e udire gli spruzzi e vedere questa luce e pensare: sembra impossibile che io sia qui…
VIRGINIA WOOLF, «Immagini del passato»