L’ideale è scriverli a mano su un taccuino, al mattino appena svegli, possibilmente con una stilografica e la carta assorbente per non macchiare il foglio d’inchiostro. Ma se il risveglio è traumatico, va bene anche scriverli su un pezzo di carta trovato lì per lì, oppure registrarli sullo smartphone, così quando li riascolterai ti parranno arrivati dall’Ade, che poi, secondo Hillman, è da lì che provengono.
Comunque si faccia, però, la materia impalpabile dei sogni è difficile da catturare. Se ci si distrae un attimo, pouf, la luce del giorno carica di ragione, li ha già cancellati.
Un mio paziente mi raccontava che la nonna da parte di mamma teneva un taccuino sul letto, sopra al centrino in pizzo e vicino alla bottiglia dell’acqua e appena sveglia scriveva tutti i brandelli di sogno che si ricordava,
“Lo faceva così. Solo perché erano belli.” Mi raccontava alzando le spalle.
“Si arrabbiava un sacco se svanivano appena sveglia o se le rimaneva la sensazione ma non si ricordava il contenuto. Le piacevano proprio quelle storie dove può accadere di tutto…”
Eh si, il sogno se lo si osserva lentamente e con molta grazia è una narrazione in piena regola, con un incipit, una trama e un finale.
Inizia sempre con un luogo “Ero a…” prosegue con accadimenti vari,, a volte resta sospeso ma a volte si ha una vera conclusione.
Comunque se ci si riflette sopra in un lavoro analitico una fine ce l’hanno sempre.
Il sogno è letteratura e ha un suo genere: è commedia, é tragedia, ci sono sogni di paura, tragici, comici, eroici.
Inoltre, come le storie il sogno esiste dalla notte dei tempi.
Attraverso essi si interrogano gli dei nell’Iliade, nell’Odissea e nell’Oriente antico.
Anche nella Bibbia il dio si rivela attraverso il sogno.
Proseguendo nel cammino dell’umanità i sogni si sono fatti allegorici e satirici nel Medioevo, angosciati in Kafka, giocosi in Lewis Carrol , misteriosi in Nietzsche.
Ed è vero ciò che scrive il filosofo perché nei sogni l’anima conversa con innumerevoli individui di sua creazione e si trasferisce in diecimila scene di sua immaginazione e abita luoghi che non ha mai abitato.
Il sogno è un viaggio che fa apparire insipido anche il più appassionante capolavoro della fantascienza. Annulla il tempo e lo spazio e si fa beffa della realtà.
Nel sogno ci è concesso di trasferirci nella più remota antichità, parlare con personaggi esistiti secoli o millenni prima della nostra era, con protagonisti di leggende e di favole mai esistite.
In un sogno possiamo raggiungere New York, Tokyo, Singapore, la cima dell’Everest, le utopiche città marziane.
Il sogno fa svanire le dimensioni che ci sono note, le sostituisce con altre in cui le cose più assurde divengono naturali. Entro i suoi confini possiamo sdoppiarci, moltiplicarci, incontrare noi stessi.
I morti rivivono in sogno e i vivi possono morire d’una morte effimera, possiamo essere immortali grazie a tutte le persone che ci sogneranno quando ce ne saremo andati.
Che cosa non possiamo fare in sogno?
Possiamo volare, immergerci nelle viscere della terra, comprendere gli animali e le cose ed essere da loro compresi. Possiamo addirittura “rompere con noi stessi”, con la nostra coscienza perpetrare crimini, compiere azioni pericolose per noi e per gli altri.
Possiamo trasformarci in mostri con sembianze umane, possiamo uccidere la persona che amiamo, possiamo riconciliarci con il nostro peggior nemico.
Più ci inoltriamo nel regno di Morfeo più le ombre che lo popolano sanno di miracolo; possiamo andare nel nostro lontano passato e dissotterare perle o mostri che sarebbero andati perduti per sempre.
Nel sogno riceviamo ispirazione per risolvere problemi che fino alla sera precedente ci sembravano insolubili e riusciamo a captare messaggi telepatici.
Si dice che Kekulé intuì la formula di struttura del benzene in sogno. Pare che nel 1854 a Londra in una sera d’estate si assopì all’interno di un omnibus a cavalli e “vide” gli atomi danzare in un vortice.
Una seconda volta, invece, vide chiaramente gli atomi unirsi in file sinuose e ricurve, a guisa di serpenti, e uno di questi afferrò con la bocca la sua stessa coda.
Era l’Uroboros, ma va beh, questa è un’altra storia…che vi racconterò un’altro giorno…
Ritornando al sogno, però, bisogna fare attenzione perché possono ingannare.
C’è, anche, chi il sogno l’ha visto come un fatuo nemico portatore di menzogna:
Si, non è facile orientarsi in questo mondo caotico. Già duemila anni fa nell’Odissea cercavano di fissare delle regole e dei punti fermi…
Tra i Tuareg, tra i Bambara e i Dogon il sogno non appartiene soltanto allo specifico individuo ma rientra nella rete sociale e come tale viene interpretato e raccontato. Tra questi popoli il sogno fa da rete, olia le relazioni sociali, il rapporto del visibile con l’invisibile e attraverso il sogno l’invisibile scandisce ritmi ed eventi della quotidiana esistenza.
Freud diceva che i sogni ignorando la censura della veglia erano la soddisfazione del desiderio, e che con l’operazione di recupero degli stessi si metteva in atto un’operazione che era il compito della terapia: “ La psicoanalisi è uno strumento inteso a rendere possibile la progressiva conquista dell’Es da parte dell’Io.”
Jung considera l’interpretazione dei sogni una funzione principale nella conquista dell’inconscio per poter trasformare il piombo in oro alla maniera degli alchimisti. L’interpretazione del sogno per Jung è un’opera contro natura, ma necessaria perché è la coscienza stessa a volere tale opera, giacché il diventare conscio è in realtà un processo archetipico sepolto nel desiderio del sogno stesso.
Sia per Jung che per Freud è necessario che il sogno sia tradotto nella lingua della veglia.
Hillman contestando in parte queste teorie sostiene, invece, che nel sogno è la psiche che parla a se stessa nella propria lingua e per lui il sogno non può essere né un messaggio da decifrare nell’interesse del mondo diurno, né un modo per compensarlo.