Nella serie tivù Outlander un alchimista francese perde la sua nave colpita dal vaiolo e poco dopo lo ritroviamo ad una cena protagonista di un misterioso intrigo a base di veleno, marsine e jabot di pizzo.
L’alchimista è il famoso Conte di Saint-Germain.
Un personaggio di cui non si conosce né il vero nome, né tantomeno l’origine. La sua fama, tramandatasi nel tempo, lo descrive come un uomo brillante, arguto e molto facoltoso, immortale e dotato di poteri soprannaturali. Grande conoscitore delle arti magiche e della chimica.
Uomo misterioso questo Conte e da non sottovalutare se pensiamo che Stanley Weber, l’attore che lo ha interpretato in Outlander, racconta ad un giornalista di averlo incontrato.
“Oh, sì, ho incontrato quel ragazzo.” ha affermato Weber .
Il giornalista ha chiesto di più e Weber ha raccontato che molti anni prima, quando l’attore era ben lontano dall’idea di poter recitare, un giovane in abito settecentesco e parrucca incipriata si era presentato a lui come il Conte di Saint-German.
Ma ci si può forse aspettare qualcosa di meno da un personaggio basato su una figura storica realmente esistita che si dilettava con l’alchimia scatenando illazioni sulla sua immortalità?
Grazie a queste qualità, pare, che il Conte di Saint-German entrò nelle grazie di Re luigi XV di Francia, il quale lo accolse a corte intorno al 1748, diventando suo amico personale e affidandogli importanti missioni segrete.
Il Conte era un alchimista illuminato e uomo di vastissima conoscenza, iniziato ai misteri e dotato di molteplici talenti: pare infatti che parlasse molte lingue che suonasse magnificamente il violino, ma soprattutto che egli avesse brevettato un elisir di lunga vita, capace di renderlo immortale, come attestano le testimonianze di molti personaggi che in ogni epoca si sono proclamati suoi discepoli tessendone le lodi come madame Bavatsky e Rudolf Steiner. Tanti nei secoli sembrano averlo incontrato. C’è chi giura di averlo visto di secolo in secolo sempre con lo stesso aspetto e con gli stessi abiti settecenteschi. Perfino qui da noi in Italia si dice che continui a manifestarsi ogni vigilia di Natale, nei giardini del Pincio a Roma.
Io stessa del tutto casualmente in un mercatino di libri vecchi ho trovato un libretto che gli viene attribuito.
Come sempre in questi casi è fatica sprecata domandarsi se si tratta di realtà o di pura fantasia.
Ciascuno creda ciò che desidera.
Come diceva un altro alchimista dell’opera in nero della Yorvcenaur:
“Mi sono guardato bene dal fare della verità un idolo; ho preferito lasciarle il nome più umile di esattezza.”
L’alchimia è una disciplina, tra la scienza empirica e l’arte, volta a trasmutare i metalli in oro, alla ricerca della pietra filosofale e dell’elisir di lunga vita.
Oggi possiamo anche dire che è una sciocchezza e che non è scienza: ma l’alchimia grazie alla sua volontà di penetrare i segreti della natura e di replicarne i processi ha aperto la via alle prime conquiste della chimica.
Dimostrando che cercare misteri oscuri e tollerare di non sapere ci porta sempre più vicino alla verità delle certezze incrollabili.
L’alchimia è un scienza antica si sviluppò nel mondo arabo e in Europa nel Medioevo. Nella contemporaneità Carl Gustav Jung ha contribuito alla rinascita e all’interesse di questa disciplina.
Colpito dalle confluenze esistenti in molti sogni moderni e nei temi alchemici lo studioso ha cercato itinerari, percorsi, modalità, viaggi psichici, percezioni e interpretazioni del fenomeno “inconscio”.
Con l’avanzare degli studi egli ha collocato la ricerca sull’alchimia in quel percorso chiamato “principio di individuazione”. Questa miscela di pratiche e di saperi propri dell’alchimia hanno rappresentato per Jung quel percorso psicologico di sprofondamento nell’inconscio che conduce al proprio Sé e al senso della vita.
Il Sè, secondo Jung, comprende sia l’Io che l’Inconscio e a differenza dell’Io che è il nostro essere spazio temporale, il Sè è come il punto germinale della totalità in cui sarebbero inclusi gli opposti come bene-male, terra-cielo, alto-basso, etc
Naturalmente gli psicoanalisti Junghiani si sentono un pò alchimisti; lavorano nell’oscurità, verso l’oscurità, lavorano con l’ignoto; e nell’ignoto.
Analista e analizzando si mescolano, si alchimizzano, si trasformano guidati da processi emotivi che spesso sfuggono alla coscienza.
Sono lievi intuizioni, segni o sogni, il miglioramento di un sintomo che indicano la strada giusta.
Analista e alchimista sono come viandanti e vagabondi dello spirito, alla ricerca di processi individuativi. Tra l’altro Hillman ha messo in luce come in analisi si lavori con il calore delle emozioni e che queste vengano trasformate in quel forno che assomiglia al forno alchemico dove le sostanze bollivano e fumavano nell’alambicco e si trasformavano, non sempre in oro ma in una sostanza diversa dalla precedente.
Alzare e abbassare il fuoco è un gioco emotivo di cui l’analista dovrebbe essere maestro.
Quanto l’emozione è alta o bassa? C’è emozione? Quando bisogna alzarla? O abbassarla? Sarà stato un caso trovare il libro del Conte di San Germain su una bancarella di piazza Cordusio?
Soprassedendo al desiderio d’immortalità che tutti nutriamo in cuor nostro e che in questa epoca più che in altre intravediamo come aspirazione inquietante e concreta il libretto è da leggere senza pregiudizi.
E’ il Sè che parla e che guida a dimenticare gli accadimenti concreti della vita e a lasciarsi andare ad una forza transpersonale che ci guida, senza voler controllare che ogni cosa vada come noi vorremmo che vada.
Un po’ pomposamente il libro di Saint-German è un libro di rivelazioni. Si intitola Io Sono dal titolo del primo capitolo, che contiene l’insegnamento forse più potente di tutti:”Sii calmo! E sappi: io-sono dio, cui fa seguito un altro messaggio non meno sorprendente che del libro costituisce la chiave stessa:
“Pensare è creare.Tu sei come pensi nel tuo cuore”.
Basterebbero cogliere queste due informazioni per trasmutare in senso alchemico il piombo della nostra natura umana, nell’oro della nostra natura divina.
Ed è così che il Conte di Saint-Germain è immortale perché vive ancora dopo secoli, forse dopo millenni proprio dentro ciascuno di noi , ma che il suo nome non è altro che uno dei tanti nomi che abbiamo attribuito ad un grande mistero, altrimenti noto come il Sè.