Amai teneramente dei dolcissimi amanti
La gazza ladra, Ada Merini, 1985,
senza che essi sapessero mai nulla.
E su questi intessei tele di ragno
e fui preda della mia stessa materia.
In me l’anima c’era della meretrice
della santa della sanguinaria e dell’ipocrita.
Molti diedero al mio modo di vivere un nome
e fui soltanto una isterica.
“Dopotutto domani è un altro giorno.” Dice Rossella O’Hara, asciugandosi le lacrime, che sino ad un attimo prima inondavano il suo viso. Rhett, l’uomo che l’aveva rincorsa tutta la vita l’aveva abbandonata senza dar troppo peso al fatto che lei aveva scoperto, proprio in quelle ore, di amarlo; Ashley, l’amore adolescenziale che inseguiva da sempre, era solo un’illusione.
“Perdonami.” Aveva detto Rossella aggrappandosi al suo braccio.
Ma Rhett determinato aveva risposto: “Cara sei davvero una bambina, credi dicendo mi spiace di cancellare il passato?”
Eh si, Rossella in quel momento era sicura della sua scelta. Ma quanto sarebbe durata la sua decisione? E soprattutto un semplice “Mi spiace.” poteva davvero cancellare il passato?
Il manuale: La diagnosi psicoanalitica di Nancy McWilliams porta ad esempio di carattere isterico il personaggio di Rossella O’Hara, protagonista del celebre romanzo Via col Vento.
Il carattere isterico (o istrionico secondo le ultime edizioni del DSM) è comune a molte persone, soprattutto donne, senza che vi siano sintomi frequenti o impressionanti ma è comunque caratterizzato da un grado elevato di angoscia. Le personalità isteriche sono cordiali energiche, intuitive, attratte dal rischio e dai drammi personali, intense e molto reattive.
Forti appetiti, grandi amori, attenzione e intimità erotica caratterizzano la loro vita. Cercano la stimolazione ma ne sono sopraffatte. Le loro operazioni mentali sono globali e immaginali.
Vista la rapidità nel mutare i propri sentimenti le persone attorno alle isteriche possono crederle artificiose, superficiali ed esagerate ma non è così; nei loro improvvisi cambiamenti di punto di vista sono spesso sincere.
L’isteria la troviamo spesso nel mondo dell’arte in quanto la persona con questa struttura di carattere predilige le professioni che permettono di mettersi in vista, come quelle di attore, ballerino, predicatore, politico e insegnante.
Il libro di cui sopra porta ad esempio di isteria, anche, Sarah Bernhardt. La protagonista della Signora delle Camelie, adagiata sul lettino con la testa reclinata all’indietro e con una mano che le sfiora la fronte, è una bella immagine tra il serio e il faceto del carattere isterico.
Nei sogni dei miei pazienti dai tratti isterici del carattere appaiono sipari di pesante velluto rosso che si aprono, luci accecanti che illuminano il viso, scalinate di pietra che assomigliano ad anfiteatri, persone che applaudono o che comunque concordano con il sognatore, che non è mai spettatore, ma al centro della scena.
L’isteria e il suo carattere drammatico la troviamo nella tragedia greca; la Fedra di Euripide che tormenta, straccia e dilania una foglia di mirto rende bene l’idea dell’angoscia del carattere isterico; forte intensa e contraddistinta da un vago senso di possessione.
Ma le isteriche son tutte donne?
Beh, non solo donne. Però c’è da dire che nella storia delle persone con tendenza isterica si riscontrano quasi sempre eventi che hanno attribuito ai due sessi valore e potere diversi. Ed è certamente più facile che una svalutazione del sesso avvenga per il genere femminile, piuttosto che per quello maschile.
L’isteria diede origine all’analisi. Fu nel trattamento delle paralisi isteriche che Freud osservò una rimozione sessuale che conduceva queste giovani donne ad eventi chiamati assenza, trance, erotismo religioso, conversioni somatiche della psiche; eventi che comparivano con subitaneità e altrettanto improvvisamente svanivano. La scoperta di questa rimozione condusse Freud alla scoperta dell’inconscio, cosicché la scoperta dell’inconscio e il riconoscimento dell’isteria sono teoricamente e storicamente interdipendenti.
Lo psicoanalista viennese sottolineò che non per forza il carattere isterico è donna, anzi, egli considerava se stesso, in certa misura, isterico e una delle sue prime pubblicazioni riguardava l’isteria in un uomo.
Insomma a Freud accadde un po’ quello che accadde a Flaubert che quando gli chiesero chi fosse madame Bovary, altro bell’esempio di isterica, Flaubert disse “Madame Bovary c’est moi”.
Certo Freud e Flaubert erano studiosi e scrittori evoluti e in grado di accedere all’altro lato della luna ma l’isteria è sempre stata una turba attribuita al mondo delle donne.
Si era iniziato già dagli antichi egizi e si è proseguito più o meno sino ai giorni nostri. Un esempio fra tanti: nel periodo precedente la prima guerra mondiale, ci fu una battaglia tra la psichiatria francese e quella tedesca a proposito dei dati statistici relativi alla frequenza dell’isteria. La psichiatria di lingua tedesca era in genere ostile all’idea che l’isteria potesse essere una malattia degli uomini, e portava come prova la bassa frequenza di episodi isterici tra i maschi tedeschi. Se i francesi potevano dimostrare una frequenza più elevata tra gli uomini, se ne poteva solo dedurre che gli uomini francesi erano più isterici, cioè meno adatti alla sopravvivenza, più degenerati.
Dubois, nel suo manuale del 1910, dice che un uomo colto, un uomo di ragione, non può mai essere un vero isterico; soltanto gli uomini che mostrano debolezza mentale, emozioni infantili e femminee possono essere isterici.
Insomma, secondo gli psichiatri dell’epoca e ancora adesso laddove c’è l’isteria c’è donna e quindi debolezza, contraddizione umoralità e capriccio.
La studiosa Esther Fischer-Homberger, storica zurighese della medicina e autrice del saggio Hysterie und Misogynie disse: «Là dove viene diagnosticata l’isteria, la misoginia non è lontana». E, infatti, direi che ridurre il significato dell’isteria a una diagnosi è una manifestazione dell’Io occidentale, monoteista, scientifico, apollineo e misogino.
Di fronte ad una parte oscura, materiale e passionale di se stessa, la struttura di coscienza occidentale non è mai riuscita a far di meglio che ripudiarla e chiamarla nella migliore delle ipotesi Eva o isterica o nella peggiore delle ipotesi strega o Medea.
Ma, se teniamo come assunto di base che appena si rimuove un sintomo questo è una divinità temuta e non ascoltata, allora possiamo chiederci: ma quale archetipo sta dietro l’isteria? Quale Weltanschauung, appartenente a quale potenza sovrumana, vi si manifesta?».
Nella Villa dei Misteri, a Pompei, è conservato un affresco, dove è raffigurato un ragazzo assorto, con lo sguardo perduto dentro ad uno specchio concavo, dietro di lui una maschera si riflette nello specchio e illumina gli occhi del ragazzo, quella divinità che si rivela è Dioniso; il dio bisessuale, il dio delle donne. Ed è Dioniso il dio che, represso, si riflette nell’isteria, il dio “ibrido” dalla multiforme natura maschile e femminile, animalesca e divina, tragica e comica.
Dioniso che rappresenta l’essenza del creato nel suo perenne e selvaggio fluire, lo spirito divino di una realtà smisurata, l’elemento primigenio del cosmo, la frenetica corrente di vita che tutto pervade.
La danza del dio e delle donne del suo seguito, le baccanti, si svolge nelle terre di confine dove si annulla la demarcazione e trionfa l’ambivalenza.
Ma l’ambivalenza tra maschile e femminile non viene tollerata dalla coscienza eroica tipica della nostra società.
Ed ecco che alle ribellioni femminili e anche maschili di definire un genere sessuale e chiuderlo dentro ad un recinto ben delimitato viene dato un nome ed una categoria diagnostica: isteria. La società avrebbe, invece, bisogno di riconoscere la bisessualità dentro a ciascuno di noi e di recuperare il femminile represso. Questo gli permetterebbe di transitare nei luoghi di confine, nelle terre di frontiera dove tutto può essere ma nulla è per sempre.
Il femminile e il maschile sono uniti da sempre ma la misoginia della nostra cultura ha dato un ruolo subalterno a ciò che appartiene al mondo delle donne. Si è data molta più importanza alla volontà di vincere piuttosto che a quella di sopravvivere, alla mente che analizza piuttosto che a quella che accoglie.
Certo è che il raggiungimento dell’ unione tra maschile e femminile non è certo facile se già Freud in: Analisi terminabile e interminabile si chiedeva:
«Esiste un qualcosa che possiamo definire come la fine naturale dell’analisi? C’è una qualsiasi possibilità di portare un’analisi a una tal fine?». Si rispondeva poi trenta pagine più avanti dicendo che si tocca il «fondo roccioso», il punto dove si può dire che l’analisi è conclusa, quando si è arrivati ad affrontare il tema del «ripudio della femminilità».
Scrive Hillman:
È così difficile immaginare, concepire, vivere la coscienza senza le sue vecchie identificazioni, senza il suo fondo roccioso di misoginia, che fatichiamo anche solo a intravedere ciò che questo Dio bisessuale tiene in serbo per la rigenerazione della vita psichica.
E quindi possiamo ben dire che l’impulso a tener dentro di sé il maschile e il femminile è stato confuso dalla nostra coscienza misogina e apollinea con una diagnosi.