Se “si” volesse sempre dire “si” e “no” sempre “no” , non avremmo bisogno di Hermes e delle sue intuizioni, il messaggero degli dei ama l’ambivalenza e si contrappone agli dei razionali e potenti: Apollo e Zeus. Al contrario del dio dell’Olimpo lo spirito di Hermes non vuole chiarire ma preferisce ritrarsi e prendere la strada dell’ambiguità.
È il dio dei commerci, dei viaggi, dei confini, dei ladri, dell’eloquenza e delle discipline atletiche. Svolge anche la funzione di psicopompo, ovvero di colui che accompagna le anime dei defunti verso l’Ade. Figlio di Zeus e della Pleiade Maia, è uno dei dodici Olimpi. Lui il dio dal capello alato si pone in quelle zone di transizione dove è possibile una cosa ma è ugualmente fattibile anche il suo opposto, lui scioglie e annoda relazioni, è un mercante laddove il commercio è contrattazione e relazione, è un “briccone divino”.
La sua più eloquente rappresentazione è quella del busto a due facce, una rivolta verso la realtà umana e l’altra verso la divinità che simboleggia quindi il doppio significato di ogni realtà, il doppio senso di ogni parola.
Trovandosi sempre ai confini tra una cosa e il suo opposto lo troviamo nella medicina che si orienta verso l’unità tra corpo e psiche. Lo intravediamo in tutte quelle situazioni che mirano ad un cambiamento. Quindi, se vogliamo, è il dio della psicoanalisi, in quanto il movimento psichico è l’interesse principale di questa disciplina, cambiamento che avviene tollerando, proprio, l’ambivalenza..
La comunicazione sotto il segno di Hermes imbocca sentieri tortuosi, scorciatoie, vie parallele e quindi impedisce la stagnazione e induce al movimento e le sue vie sono infinite.
Ad appena un giorno d’età Hermes ruba la mandria di mucche del fratellastro Apollo e nega subito la sua impresa con una sfrontatezza senza limiti
Se vuoi, te lo giuro solennemente sulla testa di mio padre,
ti assicuro che non sono io il colpevole,
e che non ho visto nessuno rubare le tue vacche,
quali che siano; ne sento parlare solo adesso.
Così disse; e le sue palpebre lampeggiavano:
saettava occhiate dalle ciglia, in tutte le direzioni;
poi fischiò forte, sentendo che non era creduto.
Apollo non è stupido ma è impressionato dall’audacia del neonato. Porta il caso davanti al padre Zeus e Hermes riafferma la sua menzogna con una enfasi e una sfrontatezza senza uguali.
Padre Zeus, sii certo che ti dirò la verità:
Sono sincero infatti e incapace di mentire.
Credimi, visto che ti vanti di essere mio padre:
Non ho portato a casa le vacche-così-possa aver fortuna-;
Non ho neanche oltrepassato la soglia:è la pura verità.
Così disse Hermes, ammiccando.
Rise forte Zeus, vedendo con quanta scaltrezza negava il furto delle vacche quel suo malizioso figliolo.
Ordinò poi che di comune accordo tutti e due si mettessero alla ricerca, e che facesse da guida Hermes, il messaggero,
E indicasse senza più trucchi luogo
Dove aveva nascosto le vacche dalla testa robusta.
Si, è vero Hermes è un birbante e mente, ma grazie alle sue capacità dialettiche e alla sua seduzione si guadagna un posto tra gli dei dell’Olimpo. Questo, era, appunto il suo scopo e lo ottiene attraverso la comunicazione che solo lui: il briccone divino, riesce ad instaurare.
Con un piede sulla soglia, né dentro né fuori seduce, e finisce per farsi concedere da Zeus ed Apollo, che ha ingannato, un’attenzione affettuosa e un posto nell’Olimpo
Come ogni briccone divino Hermes vive fuori dai limiti stabiliti dai costumi e dalle leggi il suo è un regno intermedio ai limiti stabiliti della proprietà dove le parole “trovare” e “rubare” hanno un senso ambivalente e ricco di sfumature.
La demarcazione netta tra commerciare e rubare tra proprietà ben definite preoccupa gli dei della ragione Apollo e Zeus ma non Hermes.
Lo troviamo sempre in ogni luogo e in ogni tempo: Fanfan la Tulipe, Till Eulenspiegel ma soprattutto in Robin Hood.
Robin Hood non era forse nelle precedenti leggende un dio delle foreste? In seguito poi da nobile sassone decaduto è diventato bandito. Un generoso giustiziere abilissimo nell’uso dell’arco, che rubava ai ricchi per dare ai poveri e che restituiva ai cittadini le ingenti tasse raccolte dallo Sceriffo di Nottingham.
I greci usavano un trucco comunicativo simile che consisteva nello stabilire una forma di “commercio silenzioso” e generoso più simile allo scambio.
Ad esempio, un contadino che viveva nelle vicinanze di una strada frequentata da viaggiatori deponeva a un incrocio del pane, dell’acqua e i formaggi. E il viaggiatore affamato che se ne nutriva lasciava un regalo in cambio di ciò che aveva consumato; monetine o qualsiasi altro oggetto di scambio, oppure nulla se non possedeva nulla.
Un oggetto trovato in questo modo i greci lo chiamavano “Un dono di Hermes” ed era un regalo donato senza sapere a chi sarebbe stato utile e non aspettandosi nulla in cambio.
Ancora adesso il dio ci sorride benevolo se lasciamo un caffè sospeso al bar per una persona che berrà il nostro caffè o una spesa sospesa appesa al cancello di in un parco per qualcuno che non se la può permettere.
Si, è vero che Hermes è un commerciante è però un commerciante vecchio stile, quello che scambia un manufatto con un pezzo di formaggio non quello che si arricchisce in Borsa. Non è neanche detto che Hermes sia contrario al gioco in Borsa, ma il dio non dimentica l’aspetto ludico e la passione del giocare.
Hermes è il potere dell’humor e del ridicolo di fronte alla forza bruta, la riparazione del clown in contrapposizione al leader, il ricorso alla fuga e alla menzogna per sfuggire al controllo, l’arte della parola nella trattativa.
In questo senso è un dio molto attuale perché ci permette di guardare al futuro ricordandoci del passato, quando scambiare e donare non erano così in contrapposizione.