Expat: Perchè sono qui? Ovvero L’anima dei luoghi

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Model Nel Cielo Splendevano Due Lune Ph. Marco Bruschi

«Un luogo non è mai solo quel luogo. Quel luogo siamo un pò noi. In qualche modo, senza saperlo ce lo portavamo dentro…e un giorno per caso ci siamo arrivati.»

(Antonio Tabucchi)

“Ma lo sa dottoressa che tutti gli americani possiedono un’ arma?”  mi dice Carlotta scuotendo la testa. “Qui in Texas  pensano di essere i migliori e non escono mai dal loro paese.” conclude arricciando il naso.

“ I Francesi mangiano rane, lumache e formaggi che puzzano.”mi dice Filippo apparentemente disgustato.

“Non si può star male in Australia.” dice Gabriele: “ Ti guardano dall’alto dei loro muscoli  e ti sorridono masticando un no Problem.”taglia l’aria con una mano e borbotta:  “Mi chiedo che cosa ci sto facendo qui?”

L’expat che per lavorare è emigrato in un altro paese porta con sé un vissuto di estraneità e di non appartenenza.

“Sono stato costretto.” Dice sempre Gabriele: “avevo uno stipendio da fame.”

“Costretto? Chissà se è vero? ” Rispondo io alquanto dubbiosa su questa fantomatica costrizione.

“Altri non emigrano.” Aggiungo fissando dall’altra parte dello schermo Gabriele che abbassa lo sguardo; pensieroso.

 Il cibo, il tempo e lo strano modo di adattarsi  alla vita sono elementi concreti di un paese; ma proviamo a vedere le cose sul piano simbolico.

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Seguendo le orme di Jung e degli antichi greci, Hillman sostiene che i luoghi hanno un’anima e sono popolati da divinità, inoltre assorbono i pensieri e le tradizioni degli uomini che li abitano da secoli o da millenni.

Quindi, se i luoghi hanno un’anima anche l’attrazione che i paesi hanno su di noi può essere un movimento d’anima?

 Se quindi è vero che quel luogo esercitava su di noi un’attrazione inconscia può essere vero che lo star immersi in quel paese  ci spinge verso un lavoro interiore che può compiersi solo dopo aver vissuto in quel certo luogo; deserto, freddo e ventoso, caldo e ospitale ma comunque distante dalla nostra zona di confort?

Il fatto di essere arrivati in una terra ai margini del nulla può voler dire che si aveva il bisogno di fare decluttering? Forse le mille luci della città non permettevano di vedere l’essenziale?

Forse si è capitati in un mondo sorridente come quello australiano per fare i conti con la nostra pesantezza? Non ne veniamo forse da un paese che si sta accartocciando nelle sue leggi e che sembra non guardare più al futuro?

L’autarchia Texana non ci spinge forse a riflettere su cosa possiamo fare da soli e di quanto abbiamo bisogno dell’altro spingendoci verso l’ascolto dell’interconnessione tra noi esseri umani?

Qualsiasi luogo non è altro che una parte di noi con cui dobbiamo fare i conti;  essere in quel paese invece che altrove ha un suo significato; forse misterioso ma che vale la pena di trovare per fare si che quello che era un semplice moto di sopravvivenza si trasformi in un cammino di arricchimento personale.

Per fare questo occorre distogliere lo sguardo dall’esterno per soffermarci sull’interno, nell’osservazione di quale alchimia è stata provocato dall’incontro della nostra interiorità con quel paese.

Quando si era a casa si guardava oltre la siepe, ora che la siepe l’abbiamo saltata, occorre fermarsi, chiudere gli occhi abbassare le spalle e guardarsi dentro, dentro alle pieghe della nostra anima, laddove nulla accade per caso ma tutto ha un senso.

TABUCCHI _ FELTRINELLI

La Dott.ssa Daniela Brambilla ha citato Antonio Tabucchi, dal libro ‘Viaggi e altri Viaggi’ di cui consiglia la lettura.

Edizione Feltinelli